La Musica della Natura

e

la Natura della Musica

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

di Galli Caterina 5^B

anno scolastico 2007/2008

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Introduzione

 

Il testo parla del ruolo che ha la musica nella realtà esistente e nell’universo, non solo come materia artistica finalizzata al piacere dell’ascolto, ma soprattutto come materia fondatrice della realtà.

Con questo elaborato voglio portare alla luce il ruolo che la musica riveste nella creazione del mondo, della vita e la sua esistenza all’interno di tutte le cose appartenenti alla nostra realtà.

Voglio portare in rilievo la possibilità della musica di essere il substrato di tutte le cose, dall’essere umano, alla natura, alle stelle, all’universo ecc…e aprire, così, un angolo di riflessione che ognuno è invitato a ricercare personalmente.

Questa riflessione che si vuole intraprendere, non vorrà essere solo teorica e improntata su ipotesi vaghe, ma ricercata e approfondita attraverso la rilevazione di studi antichi e ricerche scientifiche, anche attuali, della materia.

La musica, dunque, può essere sinonimo di vita? Può essere il noumeno tanto ricercato? Può essere il ritmo sul quale Dio ha creato e articolato l’universo? Può essere la legge matematica universale che noi tutti stiamo aspettando?

E in ultimo: la musica esiste in conseguenza della realtà, o è la realtà che esiste in sua causa?

 

Le origini della parola “musica” derivano etimologicamente da “musa”, ovvero tutto ciò che è bello e perfetto.

Essa è l’arte di combinare i suoni in modo che essi suscitino stimoli di tipo psico-fisico (come immagini o stati d’animo) attraverso il senso dell’udito.

Nacque inizialmente dalla parola, come matrice del canto (musica vocale), quindi accompagnò le prime danze e i primi strumenti musicali (musica strumentale), per poi fondersi con la rappresentazione scenica, divenendo musica teatrale e drammatica.

 

Da un punto di vista fisico la musica si propaga attraverso le onde sonore e presenta le caratteristiche del tono, del timbro, dell’intensità e della durata.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Il rapporto matematica-musica

 

La musica, oltre ad essere l’arte unificatrice di tutte le arti, e per tale motivo – forse- arte “suprema”, è altresì scienza perfetta che deve necessariamente sottostare a leggi di tipo matematico e fisico. Di fondamentale importanza, sia per una migliore comprensione dell’argomento, sia per una questione storica, è dunque il rapporto matematica-musica. Più precisamente si parla della progressione armonica delle note musicali occidentali, da attribuirsi al matematico e filosofo Pitagora (nato presumibilmente attorno al 570 a.C. nell’isola di Samo).

Secondo costui la sequenza musicale che noi tutti conosciamo (DO RE MI FA SOL LA SI) è determinata da intervalli, risultanti dal rapporto fra le differenti altezze tonali, ovvero dal diverso numero di vibrazioni che un corpo emette. Egli constatò, altresì, che tali intervalli musicali e l’altezza delle note corrispondono alla lunghezza delle corde che vengono fatte vibrare. Il dividere una corda tesa in base a numeri interi genera suoni armonici. La chiave di questa scoperta fu uno strumento: il Monocorde, costituito da una sola corda tirata su una struttura in legno.

Pitagora credeva che l'universo fosse, similmente, un immenso monocorde che collegava il cielo con la terra. L'estremità superiore della corda era legata allo spirito assoluto, mentre l'estremità inferiore era legata alla materia assoluta.

Esaminando gli intervalli creati dalla divisione dello strumento in numeri interi, Pitagora ne dedusse che tutti questi rapporti numerici, come 2:1, 3:2, 4:3, sono dimostrazioni dell'armonia e dell'equilibrio che si possono osservare in tutto il mondo.

Attraverso lo studio della musica come una scienza esatta, diveniva possibile conoscere tutti gli aspetti della natura, dal macrocosmo al microcosmo.
In conseguenza egli applicò le sue leggi sugli intervalli armonici a tutti i fenomeni naturali, dimostrando la relazione armonica insita in elementi, pianeti e costellazioni.

 

Alla musica, inoltre, furono attribuiti diversi legami con la sezione aurea.

La sezione aurea si indica come il rapporto tra due grandezze disuguali, di cui la maggiore è medio proporzionale tra la minore e la loro somma [(a+b) : a = a : b]. Tale rapporto è un numero irrazionale (1.618), dal quale la mente umana è sempre stata affascinata, per le sue frequenti presenze in differenti contesti naturali, tanto che gli si è attribuito significato di bellezza, perfezione e armonia. Un’armonia che ancora tutt’ora l’uomo ricerca e tenta di ricreare.

Sul piano compositivo si può riscontrare la presenza della sezione aurea nella durata delle pause o di un brano, nel numero di note o di battute ecc…ma non sempre i tentativi di ricercare tale “anomalia” sono esaurienti e, molte volte, si rischia di andare incontro a facili entusiasmi dovuti a fraintendimenti numerici.

Tra i molteplici esempi di musicisti che hanno utilizzato la sezione aurea nelle loro composizioni possiamo ricordare Bartòk e Debussy.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

La Musica al vertice del mondo

 

Addentriamoci, con tali premesse tecniche, in uno studio più approfondito della storia, principalmente filosofica e culturale, della musica e dei suoi utilizzi che il più delle volte possono essere attribuiti a scopi religiosi, mistici e metafisici.

La filosofia è un linguaggio universale che nasce dallo stupore di fronte al mondo e, come tale, è un atteggiamento innato in ogni uomo. È ad essa che l’uomo attribuisce il compito di unificare tutto il sapere. Alla musica, a sua volta, è stato definito il ruolo di un’arte differente dalle altre: è un’arte-scienza, che racchiude in sé (forse) il mistero dell’universo.

 

Mitologia e misticismo della musica attraverso le civiltà antiche.

 

La musica è vista con occhi diversi da una all’altra cultura, ma c’è da rilevare che, in qualunque caso, essa è sempre stata considerata come uno dei più alti gradi di conoscenza e, come tale, tenuta in grande considerazione.

In generale la musica riesce a racchiudere un sapere (sia materiale che metafisico), che ci aiuta a comprendere la realtà in cui viviamo e a conoscere le leggi dell’universo, anzi, in alcuni casi di antiche civiltà, la musica è identificata come creatrice dell’universo stesso, Bene supremo, purezza e fonte ancora inesplorata di conoscenza.

 

1. La tradizione indiana.

 

Vi sono, infatti, culture filosofiche come quella indiana, per la quale l’universo è stato creato da una primigenia tesi, fatta di principi musicali, dalla quale poi il mondo si discosta gradualmente. La musica è identificata come simbolo di Bene e Verità, mentre il mondo (sua antitesi) come Male. Per tale motivo essa, come noi la conosciamo, non è considerata dagli indiani come rivelatrice di una conoscenza più ampia, bensì come una “conoscenza di una non conoscenza” del mondo che ci circonda e dei suoi misteri. L’unica via di salvezza è il tentativo, attribuito alla filosofia, di negare il mondo terreno e tendere nuovamente alla musica pura, creatrice del tutto.

La teoria musicale indiana si fonda su 7 suoni intonati (gli svara) e 3 scale musicali fondamentali (i grama). Attraverso i diesis e i bemolle si creano diversi “modi” (i raga). Ogni grama e ogni raga ha una connotazione relativa al proprio stato emotivo e alla propria intellettualità.

Il significato filosofico della musica, che nella tradizione dell’India classica è la decisiva chiave di lettura del mondo, si rende chiara nella tavola delle connessioni tra gli svara e la realtà. In ogni giorno si rispecchia un’era del mondo, un elemento della natura, un connotato sessuale, un corpo celeste.

 

 

 

 

Secondo i testi della tradizione induista che trattano dell’origine del mondo, si legge che prima di esso, anzi, prima dell’esistenza stessa, era presente un ente ideale, una pura potenza luminosa e trasparente, quale il suono. Nella fase dell’universo prima del tempo, però, la musica non è ancora linguaggio comunicabile come la parola, bensì essa è perfetta e inudibile in quanto non scandita dal tempo, in quanto ancora inesistente.

Nel momento in cui compare per la prima volta la paura, ecco allora che il suono si offusca e nasce il linguaggio articolato nel discorso, il parlato umano. Dunque la parola non è altro che l’unione, la sintesi tra suono e tempo.

Diversamente, per una seconda narrazione, esiste solo un universo buio e pieno di suono, un suono chiaro, diffuso e aperto, che si può identificare con la vocale A.

Una certa materia, ancora fluida e indistinta, inizia a formarsi e ad essere visibile. La sua visibilità oscura il suono, il quale diviene più cupo (vocale U). Infine, durante la creazione, la materia si fa solida, la luce brucia il buio e il suono si spegne, riducendosi a solo brusio (consonante M). L’eternità viene oscurata dal tempo.

Le tre lettere AUM formano una sillaba sacra, che nella tradizione diventa OM, simbolo di sintesi dell’universo nato dalla musica.

 

 

2. La tradizione egiziana.

 

Nell’antica civiltà egizia era di particolare rilievo il mito della creazione del mondo. Un mito nel quale la musica è protagonista in qualità di creatrice, non del mondo in assoluto, ma come di uno dei possibili modelli.

Fra i simboli fondamentali dell’antico Egitto c’è l’udjat (anche chiamato occhio di Ra), una parola che significa occhio di suono.

 

 

Il mito narra che Seth (dio del male), strappa un occhio a Horus (il dio falco), il quale, privato del suo organo essenziale, cade a pezzi. Thot (dio della sapienza), vuole ricostruire il corpo di Horus per ridargli la vita, quando si accorge della mancanza dell’occhio, senza il quale l’opera rimarrebbe incompiuta. Nel cercarlo viene colpito da una musica misteriosa, che lo riporta fino alla parte ultima del corpo di Horus. Thot si accorge che la musica proviene dall’occhio, o meglio, l’occhio era la fonte di tutta la musica esistente.

In altri termini, si comprende che, per gli antichi egizi, tutta la realtà era effettivamente vivente e che la musica ne era l’essenza intima: il substrato.

Quando essa si trova nel suo luogo “naturale”, ovvero intrinseca nelle cose, non può essere udita, proprio perché essa è là dove deve essere e ne rispecchia l’armonia assoluta. Per tale motivo la musica-suono, come si sente nel reale, rappresenta trauma, disordine o addirittura morte, proprio perché essa viene sottratta dall’organismo vivente per essere diffusa nel mondo.

In conseguenza di ciò, la musica veniva utilizzata nei riti funebri come un richiamo alla vita, come tentativo di ricordare ai presenti l’esistenza del piano spirituale.

L’essere vivente, in conclusione, è la parte visibile, la rappresentazione materiale del suono stesso.

E come avrebbe avuto origine il mondo, secondo l’antico Egitto?

Probabilmente dalla Parola, ovvero, dalla musica. Gli egizi si riferivano ad un grido, ad una risata articolata su 7 note musicali crescenti, appartenenti al dio Thot. Da questi scoppi di risa nascono 7 realtà divinizzate (quali la terra, il destino, il giorno, la notte ecc…).

Il numero 7 è un modello simbolico e mistico di perfezione e il suo utilizzo veniva praticato sia nelle arti musicali, sia in astronomia, che in alchimia e nei calendari.

Infine, chi avrebbe creato Thot, creatore del mondo?

Sempre secondo la mitologia egizia, egli si sarebbe autocreato, per cui la musica creerebbe se stessa. Infatti, essendo gli uomini e il mondo, immagine della musica, e fatti di musica stessa, ogni qual volta l’essere umano compone musica sulla terra, essi imitano la divinità riproponendo all’infinito l’atto della creazione.

 

 

3. Platone.

 

La teorizzazione della sublime ed eterna musica posta al vertice del mondo è racchiusa nel racconto del mito di Er, posto a conclusione del decimo libro della Repubblica.

Conversando con Glaucone, Socrate esordisce raccontando la storia di un giovane valoroso che per disgrazia morì in guerra. Dopo dieci giorni vennero raccolti i corpi dei caduti e il corpo di costui apparve intatto, al che venne raccolto e portato a casa per poterlo seppellire. Dopo dodici giorni egli ritornò in vita e riferì ciò che aveva visto “di là”, in particolare “una luce simile all’arcobaleno che tiene insieme tutta la circonferenza del cielo”.

Il guerriero risorto raccontò del suo particolare viaggio tra la vita e la morte, rappresentando nei dettagli la struttura dell’universo:

“ […] alle estremità del cielo è sospeso il fuso di Ananke, la divinità che rappresenta la Necessità, per il quale girano tutte le sfere.

Il fusaiolo è formato da otto vasi concentrici, messi uno dentro l’altro, e ruotanti in direzioni opposte. Su ogni cerchio stà una Sirena, che emette un’unica nota, e le diverse Sirene tutte insieme producono ruotando un’armonia. Gli otto fusaioli rappresentano gli otto cieli concentrici della cosmologia antica, nell’ordine pitagorico: stelle fisse, Saturno, Giove, Marte, Sole, Venere, Mercurio e Luna. Il fuso gira sulle ginocchia di Ananke”.

 

 

Il Fuso della Necessità. A: uncino: B: stelo; C: cocca; D: fuso; E: cercine del fuso

 

Infine Platone scrive che, essendo otto i circoli e otto le Sirene, da tutte sorge un’unica armonia come quella dell’ottava, che si considera composta di otto estremi e sette intervalli, cosicché la potenza delle Sirene è associata alle note, che rendono l’ottava l’accordo perfetto e gli intervalli fra una e l’altra sono disposti secondo l’ordine che esse osservano.

Essendo questa la rappresentazione di una realtà suprema si può dire, quindi, che essa sia il modello universale di ogni musica terrena.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

La Musica degli astri

 

Il rapporto tra suoni musicali e movimento dei corpi celesti, ha trovato nel tempo larga analisi in una pluralità di pensatori.

Ricordiamo innanzi tutto il già citato filosofo greco Pitagora, per il quale la relazione armonica poteva applicarsi al moto dei pianeti e costellazioni.

Pitagora parlò, a questo proposito, di "Musica delle Sfere". In particolare pensava che i movimenti dei corpi celesti che si spostavano nell'universo producessero suoni percepibili da chi si era preparato con coscienza ad ascoltarli.

 

Platone, invece, enumera le serie di suoni musicali in corrispondenza con la serie dei corpi celesti. A ciò lega la corrispondenza di un terzo elemento attribuibile ad una sostanza naturale (come l’acqua, il fuoco, ecc…), in modo da creare così tante possibili terne suono-astro-sostanza.

 

Sempre in quest’ambito, il filosofo indiano Sarngadeva fondò, circa settecento anni fa, la prima compiuta teoria musicale nella quale viene ricostruito uno zodiaco musicale in cui, ad ogni segno, corrispondeva un suono; infatti si ritiene che nei nomi stessi degli astri sia racchiusa l’armonia musicale.

 

 

Schneider, poi, raggruppa le dodici costellazioni sotto i quattro punti cardinali, quattro segni fissi e quattro mobili:

 

 

Infine il filosofo immagina che ogni pianeta abbia lo stesso suono del segno zodiacale associato al proprio pianeta “madre”:

 

 

Ora, prendendo ad esempio il seguente e ultimo schema, in relazione al racconto mitologico egizio di Er, possiamo provare a immaginare e ricostruire la sinfonia dell’accordo universale.

 

 

 

 

 

Queste concezioni sopra citate sono state riprese recentemente da studiosi, i quali hanno accertato che, nel nostro sistema solare, ogni pianeta esegue una nota.

Trattandosi di frequenze molto basse, le note "suonate" dai pianeti del nostro sistema solare, risultano ben lontane dalla soglia dell'udibilità ed, in ogni caso, il vuoto quasi assoluto che si pone fra noi e loro ne impedirebbe la percezione. Tuttavia, forse per una strana coincidenza, i pianeti del sistema solare eseguono una melodia che potrebbe ricordare una delle progressioni armoniche più semplici e diffuse nella musica: tonica, sottodominante, dominante, tonica.

 

 

 

pianeta

Nota

intonazione

accordatura

ottava

MERCURIO

DO diesis

crescente

+33 cent

ottava -29

VENERE

LA

crescente

+10 cent

ottava -29

TERRA

DO diesis

calante

-31 cent

ottava -30

MARTE

RE

calante

-25 cent

ottava -31

GIOVE

FA diesis

calante

-13 cent

ottava -34

SATURNO

RE

crescente

+12 cent

ottava -35

URANO

SOL diesis

calante

+1 cent

ottava -37

NETTUNO

SOL diesis

crescente

+32 cent

ottava -38

PLUTONE

DO diesis

crescente

+26 cent

ottava -38

 

 

L'armonia planetaria non è una visione irreale, o in qualche modo irrazionale, di interpretare il moto dei pianeti, ma al contrario un concetto basato su leggi fisiche. Il principio è semplice: ad ogni corpo con un oscillazione periodica regolare corrisponde una frequenza (in oscillazioni al secondo) e quindi una precisa nota musicale.


 

 

La tastiera raffigurata in alto nella figura, è un'ipotetica tastiera di 12 ottave dove possono essere collocate le frequenze di oscillazione dei pianeti. Per poter arrivare a delle frequenze udibili, dovremmo all'incirca triplicare l'estensione di questa tastiera (come raffigurato nella parte bassa dell'immagine) per poi finalmente accostare un pianoforte a coda reale.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

La Musica nell’uomo

 

La musica, quindi, apparterrebbe ad ogni cosa esistente: dalla creazione (Dio stesso?), all’universo, alla disposizione e al movimento dei singoli pianeti; ma anche alle piante e alla natura stessa dell’uomo.

Nel tentativo di giungere a questa dimostrazione, hanno indagato diversi studiosi tra i quali il biofisico dell’Università di Davis, David Deamer, il quale fu il primo a tradurre il DNA in musica, ricopiando le sequenze delle quattro unità chimiche che ne formano la molecola. Ogni unità di DNA rappresenta un’aria musicale autonoma e ogni molecola che determina le caratteristiche genetiche di ciascun individuo varia da persona a persona, creando, così, infinite sinfonie. La musica, quindi, è prodotta dalle vibrazioni, dai movimenti dello stesso DNA. Questo suono è stato ribattezzato “Il suono della vita”.

Una vita che è non solo fatta di musica, ma è fortemente influenzabile da essa. Lo notiamo tutti i giorni quando ci soffermiamo ad ascoltare un brano musicale particolarmente orecchiabile e ne veniamo attratti, quasi indotti a seguirla, riprodurla, accompagnarla.

Perché tutto questo? Perché veniamo irrimediabilmente attratti dal ritmo?

La scienza conferma l’effetto del suono sulla crescita dell’uomo in età fetale e, di conseguenza, l’importanza fondamentale dell’esperienza sonora prenatale.

Gli studiosi si sono chiesti se il feto sia in grado di percepire gusti, luci, colori, suoni, se può avere esperienze tattili e a quanti mesi tutto questo può avvenire. Le sperimentazioni a tale proposito sono state positive: il feto, essere già completo e dotato di facoltà sensoriali, può essere in grado di interagire con il mondo interno ed esterno al corpo della madre.

Il primo stimolo in assoluto che il bambino è in grado di percepire è quello sonoro. Il feto, infatti, a soli quattro mesi di vita è già in grado di sentire e reagire a suoni o rumori che gli vengono indirizzati. Questi dati potrebbero già bastare per sottolineare il livello di importanza, assegnato dalla natura, all’esperienza acustica e musicale per lo sviluppo fetale.

Alfred Tomatis (1920-2001), otorinolaringoiatra francese, scrisse un libro a questo proposito: “La notte uterina”. Qui egli afferma come l’ascolto sia una facoltà sensoriale importantissima.

Molti, infatti, sono i suoni che associamo inconsciamente al ricordo della vita prenatale, come i suoni legati allo scorrere dell’acqua.

Il suono che più di tutti rimane impresso, però, nel neonato è quello della voce materna, poiché essa raggiunge il piccolo per via diretta, attraverso la vibrazione ossea della colonna vertebrale.

Gli altri suoni percepiti attraverso la parete addominale della madre possono incidere sulla vita futura del feto, segnando determinati atteggiamenti comportamentali.

Per tale motivo nelle culture orientali, come ad esempio quella cinese, era usanza far passeggiare la futura madre in luoghi chiamati “Centri della tranquillità”, situati sulle rive di un fiume, dai quali erano banditi in modo rigoroso i rumori sgradevoli, allo scopo di indurre sensazioni di pace.

 

La musica è l'impronta dell’universo. Tutto è fatto di vibrazioni, dentro e fuori di noi. Dunque, si possono avere ottimi benefici, nel corpo, nella mente e spirito, ascoltando e producendo suoni. Inoltre la musica è un linguaggio vibrazionale compreso da tutti gli esseri umani ed i suoi messaggi viaggiano ben oltre il tempo, le razze, le culture.

Quando si pensa alla musica, molto spesso, si è portati a pensare a quella prodotta dagli strumenti musicali.

In realtà tutta la natura è una sinfonia di suoni: dal vento che scuote gli alberi, alle onde che si infrangono sulle scogli, ai messaggi tra gli animali, alla voce umana.

Ogni corpo presente dell'universo emette vibrazioni che producono, a loro volta, dei suoni.

L’essere umano ha bisogno di suoni per usare l’apparato vocale, attraverso il quale potersi esprimere e parlare.

Per noi, ascoltare e produrre suoni è uno dei modi che permette di caricarci di energia.

I suoni musicali sono costituiti da vibrazioni, ed alcune di esse agiscono nell’uomo in vario modo ed in diverse zone. Pare che questo sia il motivo per cui si ami o, al contrario, ci risulti sgradevole un certo tipo di musica.

E, anche se il nostro orecchio ne percepisce solo una parte, non di meno anche le altre risultano efficaci dal punto di vista terapeutico. Ad esempio uno dei metodi terapeutici basilari consiste nell’ascolto del suono dell’acqua, molto ricco di armonici.

Il suono influisce sulla nostra sensibilità, le nostre emozioni, la nostra affettività, i nostri stati d’animo. Questo in quanto il corpo umano possiede una sua frequenza di vibrazione.

Ciò fa supporre che la musica ed il rumore di fondo nell’ambiente possono esercitare un effetto negativo o positivo sulla struttura cellulare umana.

Il fisico Joel Sternheimer ha scoperto, tra l’altro, che ad ogni molecola del corpo umano corrisponde una specifica melodia.

Egli afferma che ogni molecola del nostro corpo può essere rivitalizzata attraverso la risonanza ottenuta dalla sua specifica melodia. Ad esempio, pare che le musiche di Beethoven siano costituite da melodie che attivano le molecole renali, polmonari ed epatiche.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

La Musica nelle piante

 

Non solo i neonati e l’uomo amano la musica, ma anche gli stessi animali e piante la apprezzano e alcuni affermano anche che queste ultime “cantino” (proprio come “cantano” i pianeti e il DNA).

Furono gli esperimenti del sopra citato Joel Sternheimer ad individuare quelle precise sequenze sonore che aiutano e stimolano la crescita delle piante. Il sistema musicale studiato da Sternheimer prevede la presenza di note, che individualmente interagiscono con un dato aminoacido di una proteina, mentre la sequenza completa corrisponde alla proteina intera. In tal modo la melodia creata attraverso una sequenza di suoni che interagiscono con la struttura biologica di una pianta, si armonizza perfettamente con questa ultima, producendo effetti positivi su di essa. Ad esempio, frequenze “armonizzate” con la pianta stimolano all’interno dell’organismo vegetale la produzione di proteine positive, mentre frequenze “non-armonizzate” ne inibiscono la produzione, compromettendo una buona crescita.

 

È all’Università di Firenze il centro italiano d’eccellenza per la nuova scienza di neurologia vegetale.

I ricercatori, circa una decina tra italiani, tedeschi e slovacchi, sono guidati da Stefano Mancuso, Professore associato presso il Dipartimento di Ortoflorofrutticultura dell’Università di Firenze. Lo scienziato, che da tempo indaga il regno vegetale convinto com’è che tale sistema sia regolato da un centro di comando che riflette in larga misura l’attività del cervello umano, ci svela come, studiando le radici, assieme al collega dell’università di Bonn, si sono accorti che una piccolissima regione, circa 1 millimetro, dell’apice della radice presentava delle particolarità sorprendenti. <<Tale microparte - spiega Mancuso - consumava una montagna di ossigeno e assorbiva ioni a tutto spiano, anche se a prima vista non produceva niente. Tutto è partito così: studiando una regione della radice detta transizione che agisce come un vero centro di senso e di calcolo della pianta. Essa è in grado di riconoscere i segnali provenienti dall’ambiente: ossigeno, acqua, gravità, luce, nutrienti, per citare solo i principali, ed elaborare queste informazioni per rispondere in maniera adeguata. La pianta non ha un cervello centralizzato, ma una rete diffusa di piccoli centri di calcolo formata da tutti gli apici radicali e lavora in maniera simile ad internet.>>. E ancora <<Dai risultati delle nostre ricerche è ormai chiaro che anche le piante ragionano o meglio si arrovellano per risolvere l’identico problema degli animali, sopravvivere; con le radici, anche se non lo vediamo, le piante si muovono a caccia di cibo. E noi abbiamo dimostrato in laboratorio che in qualche modo quella radice memorizza come meglio evitare gli ostacoli. Le piante hanno anche una certa coscienza di sé. Diversi esperimenti hanno mostrato che, prendendone due geneticamente identiche (due cloni) e mettendole accanto, quella che è messa in ombra all’altra si muove alla ricerca di luce. Se invece si accorge di essere essa stessa a farsi ombra con un ramo, nulla accade>>.

 

Cleve Backster, un tecnico della Cia, costruiva i "lie detector", ossia le macchine della verità.

Una sera del 1966 decise di applicare tale apparecchio ad una pianta. Da ciò notò con sorpresa che il tracciato era simile a quello di un essere umano. Questa scoperta lo portò ad effettuare diversi esperimenti sul pensiero telepatico delle piante e sulla loro forma di intelligenza, esperimenti che a lungo andare portarono alla scoperta di una musica che fluisce vivida all’interno di qualsiasi essere vegetale.

 

La Musica delle Piante vede le sue origini negli esperimenti compiuti nei primi anni 70 negli Stati Uniti, esperimenti volti a verificare l'esistenza di una sensibilità di reazione del mondo vegetale a stimoli esterni (luce, calore, colori, suoni). In Italia arriva nei primi anni 80 e, dopo alterne vicende, viene ripresa da Laura Silingardi (musicista, musicologa) e Tiziano Franceschi (consulente informatico ed organizzativo), nella primavera del 2000. 

L'apparecchio per la Musica delle Piante consiste in un sistema di rilevazione del movimento linfatico foglia–radice, misurata attraverso un particolare tipo di rilevatore dotato di due sensori posti alle radici e sulle foglie della pianta collegata. Tale apparecchio registra la resistenza elettrica dei tessuti della pianta dovuta alla variazione della densità cellulare della linfa stessa. Le variazioni di resistenza elettrica, vengono poi convertite in segnali digitali, cioè in note musicali secondo lo standard MIDI ed inviati ad una banca dati di timbri musicali. Come tutti gli organismi viventi, le piante subiscono variazioni di resistenza elettrica dovute a vari fattori: fisici e sottili, tra cui importantissimi stati fisiologici ed “emozionali”. Le piante sono delle grandi antenne, dei ricettori sensibilissimi, esse captano dall’ambiente moltissime variazioni energetiche fisiche (campi elettromagnetici statici e variabili, ecc) e “sottili”. Tra queste ultime, molto importanti nella relazione con questi organismi, sono le interazioni con i campi energetici delle persone stesse.

Il risultato finale consiste nel poter udire ciò che normalmente non siamo in grado di vedere né tanto meno di percepire: il movimento vitale di una pianta, le sue reazioni, il suo campo energetico. 

Volendo tentare un’analisi musicale del modo di esprimersi in suoni delle piante, si è giunti alla conclusione che esse utilizzano scale arcaiche. Tali scale si rifanno alla modalità greca antica e sono formate da una successione di 4 suoni discendenti (tetracordi) compresi nell’intervallo di una “quarta giusta”. E’ dall’unione di più tetracordi che nascono le armonie musicali composte dalle piante.

E' anche stato sperimentato che ciascun albero ha una propria "voce" che cambia con il variare delle stagioni, dell'ora, della giornata, dell'età e della specie.

Le piante hanno un vero e proprio periodo di apprendimento, nel quale imparano a conoscere e interagire con l’apparecchiatura, con gli stimoli esterni e con l'operatore. Le piante che non hanno mai suonato normalmente passano i primi minuti di collegamento sperimentando l'ampiezza melodica, percorrendo scale ascendenti e discendenti per poi scegliere una loro particolare ampiezza armonica ed un proprio carattere melodico.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

La Musica dei colori, dell’arte e della tecnica

 

È possibile avvertire, percepire, sentire un suono laddove esso non esista effettivamente come musica?

Questa può essere la tecnica utilizzata dalle persone non udenti: trasformare ciò che vedono in suoni e musica. Il loro silenzio, se vi si pensa, non è fatto solo da vuoti, ma da pieni. Essi riescono ad udire musica e rumori anche dove essi, in un certo modo, non esistono.

A questo proposito mi viene in mente l’esperimento ZEROVOLUME, effettuato dalla banda musicale dei Subsonica, in collaborazione con i Bluvertigo, che consisteva nel trasmettere immagini ritmate e vibrazioni percettibili dai sordomuti, combinate ad una coreografia del linguaggio dei segni. Un brano musicale elaborato per persone non udenti, ma fruibile a tutti.

Un brano musicale che non è espressamente fatto da musica, ma che riesce, nonostante tutto, a trasmetterla, a farla udire.

Così, come un cieco può immaginare paesaggi ascoltando una canzone, un sordo potrà ascoltare una melodia attraverso video.

Un particolare portatore di riflessione può essere il caso del compositore Beethoven, il quale, nonostante la sua sordità riusciva comunque a scrivere musica e dirigere un’orchestra. Questo proprio perché i non udenti, proprio per la mancanza del senso dell’udito, sviluppano una particolare capacità che risiede nel captare le vibrazioni dei suoni attraverso le ossa stesse della scatola cranica.

Il primo tentativo di musica colorata fu eseguito tra il 1725 e il 1735 da Louis-Bertrand Castel, che presentò il Clavicembalo oculare, uno strumento che permetteva di dipingere i suoni con colori ad essi corrisposti, in maniera che anche un sordo potesse giudicare la bellezza di un suono attraverso i colori e un cieco potesse giudicare i colori attraverso i suoni.

 

 

 

 

Lo strumento doveva funzionare come un clavicembalo tradizionale, a differenza del quale per ogni nota veniva associato un colore, secondo gli studi personali del signor Castel. Un colore che si mostrava ogni qual volta si fosse pigiato il tasto della nota corrispondente.

Il punto di partenza che ispirò un tale lavoro fu un’opera scientifica che uscì in quel tempo: l’Ottica di Newton (1704).

Come Catsel, tante altre personalità brevettarono macchine tonali, e tante altre tentarono lo studio di un collegamento tra musica e colori.

Un esempio a tal proposito fu il compositore russo Skrjabin, il quale, con il poema sinfonico Prometeo (rimasto incompleto), tentò di ricollegare la musica con sensazioni sia visive, che olfattive, gustative ecc… A ciascun colore, in particolare, era attribuita una specifica valenza etica (ad esempio: il rosso corrispondeva alla volontà umana ecc…).

I compositori non furono gli unici, però, ad occuparsi di tale equivalenza.

In campi diversi si possono ricordare, per tutti, il pittore Vasilij Kandinskij e lo scultore Fausto Melotti.

 

1. Vasilij Kandinskij (1866-1944)

 

<<Risulta che la migliore insegnante sia la musica, l’arte che non si è dedicata alla riproduzione dei fenomeni naturali, ma alla espressione dell’animo dell’artista e alla creazione di una vita autonoma attraverso i suoni musicali>> (Dello spirituale nell’arte, 1911).

 

Secondo Hugo Ball, <<Kandinskij fu il primo a scoprire e ad impiegare l’espressione più astratta del suono nel linguaggio delle vocali e delle consonanti armonizzate. Egli è il primo a presentare dei processi esclusivamente spirituali. Con i mezzi più semplici egli crea il movimento, la crescita, il colore, e la tonalità […]>>

 

Attraverso l’amicizia con Wagner la sua sensibilità artistica venne sollecitata, portandolo così, gradualmente ad esercitare una pittura simile ad una composizione musicale, una sinfonia di colori.

Le componenti fondamentali della sua estetica, dunque, sono il rapporto sintetico suono-colore e, soprattutto l’idea di un’arte totale, che coinvolga ogni forma di arte.

Egli tenta di ricercare, così, un linguaggio più spirituale che rappresenti l’unione tra musica e pittura. Lo scopo della sua arte sarà fondamentalmente <<Rendere visibile l’invisibile>>, trasformare i prodotti della mente in prodotti materiali attraverso la pittura.

 

 

 

Verso la fine della prima decade del 1900 Kandinskij dipinse il suo primo acquerello astratto, iniziando da allora ad intitolare le tele attraverso nomi che richiamavano il linguaggio musicale, come ad esempio “composizione”, “impressioni” (legate ad una esperienza diretta della “natura esteriore”), o “improvvisazione” (scaturiti da un “evento di carattere interiore”), ecc… Esse rappresenteranno la prima tappa verso l’evoluzione della forma libera.

 

In particolare Kandinskij tende ad identificare il manifestarsi dell’esperienza artistica con la “creazione del mondo”: <<Il dipingere è uno scontro tempestoso di mondi diversi, che in questa battaglia si definiscono reciprocamente per creare un mondo nuovo, che è l’opera. Ogni opera nasce così, come nasce il Cosmo, attraverso le catastrofi che dal caotico frastuono degli strumenti vanno a formare una Sinfonia, la Musica delle sfere. La creazione di un’opera è la creazione del mondo>>.

 

Un avvenimento centrale per quanto riguarda l’attenzione dell’artista verso la musica è rappresentato dalla pubblicazione del famoso almanacco Der blaue Reiter (Il Cavaliere azzurro), che egli compilò nel 1912, con il quale volle dimostrare che il problema dell’arte non è un problema delle forme, ma un problema del contenuto spirituale.

 

Di essenziale importanza, inoltre, fu il rapporto che intraprese con il compositore russo (sopraccitato) Skrjabin, per il quale trascrisse la partitura di due pianoforti dell’opera Prometeo.

L’artista, il quale da tempo si interessava degli stessi problemi cari al compositore, fu colpito in particolare dagli studi di quest’ultimo a proposito della luce e dalla tabella di corrispondenze suono-colore utilizzata, per l’appunto, nel Prometeo.

Tale lavoro associava i colori a determinati timbri strumentali, lavoro che svolse anche Kandinskij ne “Il linguaggio dei colori” (incluso in “Dello Spirituale nell’arte”), associando il verde al suono del violino, l’azzurro al flauto, il giallo alla tromba, il rosso agli ottoni e in particolare alla tuba, e così via.

(Si riportano qui di seguito le associazioni suono-colore utilizzate da Skrjabin nel Prometeo)

 

 

 

Skrjabin (accordo di Prometeo)

Do

rosso

Sol

rosa-arancione

Re

giallo

La

verde

Mi

bianco azzurro (blu luna)

Si

bianco azzurro (blu luna)

Fa#

blu vivo

Do#

viola

La b

viola porpora

Mi b

grigio acciaio (colore metallico)

Si b

grigio acciaio (colore metallico)

Fa

rosso-bruno

 

 

Kandinskij era in grado di percepire sensazioni uditive in accordo con determinati colori. In un significativo passo di “Dello spirituale nell’arte” si legge: <<Negli esseri umani più evoluti, le vie che conducono all’anima sono così dirette, e le impressioni psichiche raggiungibili così rapidamente che un’azione che si eserciti attraverso un senso arriva direttamente all’anima, facendo vibrare per simpatia le vie corrispondenti che vanno dall’anima agli altri organi sensoriali. Si potrebbe paragonare questo fenomeno ad una sorta di eco o di risonanza quale si ha in determinati strumenti musicali quando, senza essere toccati, entrano in risonanza con un altro strumento, suonato invece direttamente […]. È chiaro pertanto che l’armonia dei colori deve fondarsi solo sul principio della giusta stimolazione dell’anima umana>>.

Operando con questi presupposti, Kandinskij in Dello Spirituale nell’arte ha collegato i colori non solo con i suoni, ma anche con i sensi, i pensieri, le azioni, i temperamenti, organizzandoli in modo corrispondente al loro grado di intensità, in un circolo i cui poli opposti rappresentano la vita tra la nascita e la morte:

 

Colore

Effetto-umore

Equivalente strumentale

 

Nero

eterno silenzio,
il silenzio della
morte, non speranza
futura

il colore più povero di suono,
completo riposo finale

Grigio

immobile, senza speranza,
rigido

nessuno

Marrone

Inibizione

nessuno

 

Verde

apatia, pace; riposante e calmo,
benefico per un uomo stanco

suoni di
violino nel registro medio

Viola

sensuale, smorzato, triste

corno inglese, chiarina,
oboe e, nei toni più
profondi, i fiati (basso)

Blu

generalmente: di colore celestiale tipicamente concentrico (cfr.giallo=
eccentrico

violoncello, mentre la tristezza aumenta

Blu scuro

pace, tristezza non umana

i meravigliosi suoni del contrabbasso, in forma
profonda, solenne, come
l’organo profondo

Azzurro

diventando più chiaro
assume carattere piu`
indefinito

flauto

Rosso freddo, profondo

un’attesa energica, come qualcosa che giace in attesa, pronto a fare un balzo selvaggio

suoni centrali e profondi del cello, evocanti, un elemento di passione

 

Rosso freddo, chiaro

giovane, pura gioia; libertà; la fresca, pura immagine di una ragazza

più acuti; suoni chiari e melodiosi di violino o "piccole campane"

Vermiglio

come una passione che scorre continua, una forza
che conta su se stessa

tuba; tamburo profondo

Rosso caldo, chiaro

effetto entusiasmante che può giungere al punto di dolore;
simile al sangue che
scorre

ottoni, fanfare suoni forti, ostinati

Arancione

come un uomo convinto della propria forza; una sensazione sana

campane di chiesa medie che suonano all’Angelus; voce
forte di viola
che intona un Largo

Giallo

tipico colore terrestre; eccentrico e senza spessore; inquieto,eccitante; influenza fortemente l’umore.Toni più leggeri possono raggiungere una forza e altezza insopportabili all’occhio e alla mente. Può rappresentare la pazzia nel colore.

ottoni; mentre il giallo diventa piu`chiaro, suona come le note acute di una tromba sempre più forte, o come una fanfara in crescendo

Bianco

silenzio; non di morte, ma ricco di possibilità.

un silenzio che può improvvisamente venire
compreso,come le pause
in musica che solo interrompono
lo sviluppo di un movimento o il
contenuto per un dato tempo,
e non sono la conclusione definitiva.

 

 

Secondo Kandinskij l’opera d’arte si deve manifestare spontaneamente all’artista, il cui compito consiste solamente nel renderla il più fedele possibile alla propria visione. Da ciò se ne deduce l’idea di un’opera d’arte che, per essere tale, deve necessariamente svolgersi su un piano cosciente superiore, estatico.

La danza, in particolare, apparve subito come sintesi fra suono e colore. Essa era considerata come “scultura in movimento”.

Per tale motivo il teatro avrebbe potuto rappresentare un ottimo luogo di sperimentazione per i primi tipi di arte totale. A tal proposito scrisse anche composizioni sceniche come “Il suono giallo”.

Concludendo, in nessun altro pittore del nostro secolo si è manifestato con tanta evidenza l’influsso della musica, quanto in Kandinskij. Questo influsso si è espresso in diverse

circostanze e nelle forme più varie, in particolare:

 

-          Nell’ affinità dell’esperienza artistica del pittore con quella di alcuni compositori suoi contemporanei come Skrjabin e nella costante collaborazione con altri musicisti

-          Nella capacità di esprimere visivamente i suoni attraverso l’esperienza della ’sinestesia’, la facoltà sensoriale che consente di percepire i colori espressi musicalmente in suoni e viceversa.

-          Nella creazione di composizioni pittoriche e sceniche basate su principi derivati dalla tecnica della composizione musicale.

-          Nell’ elaborazione di una teoria artistica che, partendo dall’analogia fra il suono e il colore giungesse ad un’opera d’arte sintetica, fondata su tutte le arti.

 

 

2. Fausto Melotti (1901-1986)

 

Molte opere di Fausto Melotti sono ispirate alla musica e allo spirito della sonorità:

<<Con Melotti il gioco delle metafore si allarga e non solo viene posta in campo l’architettura, ma la musica. Musica vorrà dire esecuzione ritmica ed armonica che si dilata nello spazio, appunto vibrazione, di cui filamenti, forme, ramificazioni del metallo o dei gessi sono l’eco o il risvolto figurativo che si prolunga oltre il limite definito degli oggetti prescelti. La scultura assume il ruolo sfuggente e sorprendente […] di una cassa di risonanza di rimandi plastici, accennati e abbandonati come arpeggi o improvvise presenze emblematiche>>. (Paolo Fossati).

 

La sua è una scultura fatta di elementi lineari e geometrici dai quali è esclusa ogni modellazione, in favore di un’assoluta purezza formale.

Ma è dal 1970 che il Melotti liberò la sua vena poetica attraverso l’utilizzo di fili di rame, trasparenti retine metalliche, mobili stracci di garza e titoli significanti, impostando il suo lavoro, non più sul togliere dal pieno, ma sul far emergere dal vuoto.

Le sue creazioni sono <<un gioco che quando riesce è poesia>>, afferma lo stesso Melotti.

E ancora: <<È la musica a guidare la scultura>>, colei che fa giungere l’artista ad una sorta di “astrazione musicale”.

 

 

 

Conosonanze – Fausto Melotti

La Musica come essenza della Vita

 

In conclusione, da quanto sopra esposto, nasce il convincimento che tutto ciò che esiste, che è stato creato nel mondo e nell’universo tutto, si regge, si muove e “vive” seguendo (necessariamente) un certo ritmo. Questo ritmo può tradursi in vibrazione, suono, musica.

Ogni cosa, per vivere, ha bisogno di scandire il ritmo della propria esistenza, sia esso animato o inanimato, organico o inorganico.

Il fatto di esistere, dunque, non comporta immobilità, bensì movimento continuo ed armonico.

La musica è la struttura della realtà esistente, l’unica cosa che ci potrebbe permettere di indagare gli aspetti più nascosti e profondi della Natura (come ipotizzò Pitagora). Non solo, essa può essere vista come il tanto atteso e ricercato noumeno di Kant, quella cosa in sé che nessuno di noi riesce a percepire (il più delle volte) attraverso i sensi, ma solo mediante l’intuizione.

Credo che questo sia un particolare basilare dell’esistenza.

Proviamo a pensare ad un mondo senza ritmo (si potrebbe quasi dire senza tempo), senza l’alternarsi delle stagioni, della notte e del giorno, della fame e della sazietà, del riso e del pianto. Se non esistesse questo alternarsi di situazioni, il mondo probabilmente non esisterebbe, non sopravvivrebbe.

Il ritmo è un qualcosa che da senso e tempo alle cose, alle azioni, alle emozioni.

Per questo è universale e da tutti (e tutto) compreso, perché da tutti (e tutto) è posseduto, è intrinseco, è quasi –azzarderei- necessario per il realizzarsi di tutte le cose, per mantenere l’ordine e non sfociare nel caos incontrollato.

In particolare, noi tutti sappiamo che le vibrazioni emesse dal suono possono viaggiare solo attraverso un mezzo (materia) e solo con una temperatura superiore allo zero assoluto (assenza di materia e di vita). Questo porterebbe a pensare che la musica esista solo laddove esiste la materialità e la “vita”.

Possiamo dunque concludere che la musica è ovunque si guardi (dalla terra alle stelle) e fa parte della vita ed è sinonimo stesso di vita.

È per questo che essa rappresenta, in qualche modo, la sintesi delle arti e viene considerata da molti come colei che può elevare gli animi all’Assoluto.

La musica fa parte di noi, di questo mondo, di questa realtà, non limitandosi al gradevole ascolto di un brano, ma estendendosi fino nel profondo della nostra anima e dei nostri atomi.

È proprio per questo che la musica è tanto significativa: essa, esprimendosi a cavallo tra il sentimento e la legge fisica, riesce a rapirci e a guidarci nell’ascesa verso il divino, la conoscenza e la scoperta del significato profondo della Vita.

Solo rimanendo in ascolto della Musica della Natura si può, quindi, riscoprire la vera Natura della Musica, una natura che oscilla tra forza creatrice e conseguenza del creato, una natura che ognuno di noi è invitato a ricercare.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


Indice

 

 

 

 

Introduzione……………………………………………………pag 2

 

Il rapporto Matematica-Musica…………………………………..pag 3

 

La Musica al vertice del mondo…………………………………...pag 4

Mitologia e misticismo della musica attraverso le civiltà antiche

1.    La tradizione indiana

2.    La tradizione egiziana

3.    Platone

 

La Musica degli astri……………………………………………pag 8

 

La Musica nell’uomo…………………………………………....pag 12

 

La Musica nelle piante………………………………………….pag 14

 

La Musica dei colori, dell’arte e della tecnica……………………...pag 16

1.    Vasilij Kandinskij

2.    Fausto Melotti

 

La Musica come essenza della Vita………………………………pag 22